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Domenica 22 Febbraio 2015 - Libertà

Don Giovanni si perde nell'America anni '80

Regia, voci e direzione: per Mozart più ombre che luci

piacenza - Non è la prima volta - e certo non sarà l'ultima - che Il dissoluto punito o sia il Don Giovanni K 527 musicato da Wolfgang Amadeus Mozart su libretto di Lorenzo Da Ponte viene rappresentato in chiave moderna. Capolavoro del Genio di Salisburgo, Don Giovanni è in effetti un'opera senza tempo, dove ad essere rappresentate sono essenzialmente le (molte) miserie e le (poche) virtù dell'umana esistenza: potere, denaro, seduzione, violenza e immoralità contrapposte a virtù, amore puro e ideali di libertà, con l'immancabile ruolo giocato dal Destino, deus ex machina che interviene come giudice morale alla fine di una vicenda che vedrebbe altrimenti il solito vincitore e i soliti vinti, eterne maschere di qualsiasi epoca e luogo.
Non deve quindi stupire che per riportare l'opera di Mozart a Piacenza, a distanza di più di vent'anni dalla prima rappresentazione del 1991, la Fondazione Teatri abbia optato per l'allestimento che è andato in scena venerdì sera al Municipale, nell'ambito della stagione lirica 2014-2015: una versione attualizzata, con la regia di Rosetta Cucchi, le scene di Andrea De Micheli, i costumi di Claudia Pernigotti e le luci di Andrea Ricci che ha visto protagonisti, oltre al cast di voci soliste, l'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna diretta da Aldo Sisillo e il Coro Lirico Amadeus diretto da Stefano Colò, in una coproduzione realizzata con la Fondazione Teatro Comunale di Modena, il Teatro del Giglio di Lucca e l'Opera di Tenerife.
Sebbene, come si diceva, il Don Giovanni sia facilmente rappresentabile senza precisi riferimenti spazio-temporali, il risultato della versione piacentina del capolavoro mozartiano non è però altrettanto facilmente descrivibile, se non con un quadro di luci ed ombre, composto da tutti gli elementi che lo hanno caratterizzato. Primo fra tutti, la scelta registica, che ambientando la vicenda dentro e fuori una discoteca di New York anni '80 nella prima parte e in una serie di spazi scenici di stampo astratto nella seconda, ha sì impresso originalità (l'uscita di scena di Don Giovanni alla fine del primo atto, prelevato dall'alto come se uno strano Destino lo volesse salvare, o i passi di danza accennati durante l'aria Deh vieni alla finestra, o ancora il finale con Don Giovanni risucchiato dall'entrata della discoteca), ma ha trovato il suo limite nella scarsa aderenza al contesto o ai testi cantati. Inevitabile quindi domandarsi cosa ci facesse il Commendatore-padre di Donna Anna davanti alla discoteca dove la figlia viene sedotta dal libertino o dove Leporello, ingiunto dal padrone, legga l'iscrizione sulla tomba del Commendatore, visto che la scena si svolge a casa di Don Giovanni.
Svuotato di significato è stato poi uno degli elementi chiave dell'opera, quella "ribellione politica" che per primo proprio Mozart osò realizzare, reagendo alla sua condizione di "servo" musicista della corte dell'Arcivescovo di Salisburgo. Così, sono parsi poco credibili un Leporello rappresentato più come "compagno di merende" piuttosto che come domestico che si ribella al suo padrone, o ancora la rivolta dei contadini guidati fatti diventare ragazzotti da discoteca. E infine, quel politicissimo Viva la libertà! che Mozart fa esclamare con enfasi alla fine del primo atto, trasformato in un inno alla libertà sì, ma dei sensi.
Luci ed ombre anche sul versante musicale, con orchestra e cantanti non sempre all'altezza: troppi i fuori tempo di alcuni solisti; ancora acerbe le prove dei giovani Ayse Sener (Zerlina) e Fumitoshi Miyamoto (Masetto). Ma soprattutto è apparsa fragile la caratterizzazione psicologica di quasi tutti i personaggi.
Da incorniciare comunque la stupenda voce e la presenza scenica del basso Antonio Di Matteo (Il Commendatore), oltre le voci di Alessandro Luongo-Don Giovanni e Roberto De Candia-Leporello, nonché di Francesco Marsiglia (Don Ottavio), mentre sul versante femminile, ricorderemo le prestazioni di Yolanda Auyanet (Donna Anna) e Raffaella Lupinacci (Donna Elvira).
Alla fine, gli applausi contenuti (qualcuno anche a scena aperta, a onor del vero) hanno comunque decretato il successo della serata. Perché se non altro, un trionfatore c'è stato: Wolfgang Amadeus Mozart e la sublime bellezza della sua stupenda musica.

Mauro Bardelli

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