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Mercoledì 18 Febbraio 2015 - Libertà

Con "Don Giovanni" nell'America di Reagan

Venerdì e domenica arriva al Municipale l'allestimento mozartiano firmato da Rosetta Cucchi per la stagione lirica

di GIAN CARLO ANDREOLI
Il successo di Nozze di Figaro fu di stimolo al duo Da Ponte-Mozart a proporre una nuova invenzione, a sorprendere lo stesso Giuseppe II, incredulo della buona riuscita. «Devo scendere all'inferno a scovare qualche dannato che con i suoi peccati possa allietare il mio lavoro. Domattina Mozart sarà qui, diceva da Ponte alla sua giovane domestica, a reclamare il suo Don Giovanni. A Praga (29 febbraio 1787) il successo si rinnovò, tuttavia al Teatro Municipale l'opera fu messa in scena per la prima volta solo nel febbraio 1991. La nuova produzione, allestimento dell'Opera di Tenerife e Comunale di Modena, in coproduzione con Fondazione Teatri e Teatro del Giglio di Lucca, in scena al Municipale venerdì alle ore 20,30 per il turno A di abbonamento e domenica alle ore 15,30 in matinée (turno B), si realizza con l'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna, diretta dal maestro Aldo Sisillo, il Coro Lirico Amadeus di Modena diretto dal maestro Stefano Colò. La regia è di Rosetta Cucchi, con le scene di Andrea De Micheli, i costumi di Claudia Pernigotti, luci di Andrea Ricci.
In scena, a dar vita al capolavoro avvolto di mistero nell'eterno dissidio fra bene e male, sono il baritono Alessandro Luongo Don Giovanni, i soprani Yolanda Auyanet (Donna Anna), Raffaella Lupinacci (Donna Elvira), Ayse Sener (Zerlina), il bassobuffo Roberto De Candia (Leporello), il tenore Francesco Marsiglia (Don Ottavio), il basso Antonio Di Matteo (Commendatore) e il bassobuffo Myamoto Fumitoshi (Masetto).
L'interesse del pubblico si rinnova a risolvere ciò che non è mai definitivamente risolto, i rapporti umani, i caratteri decisamente opposti. Così i due protagonisti, il libertino don Giovanni e il "segretario" Leporello, abile a conciliare la paradossale invadenza del seduttore con più miti consigli. Da Ponte poté avvalersi di precedenti illustri per realizzare il suo libretto e fare anche meglio secondo le attese del compositore, dal Beffatore di Siviglia di Tirso De Molina (1630), al coevo Il convitato di pietra di Giovanni Bertali, per le musiche di Giuseppe Cazzaniga. Se Mozart compose in gran fretta, l'Ouverture, come vuole l'aneddoto, fu completata la notte precedente lo spettacolo, non mancò di fare un vero capolavoro, nel perfetto equilibrio di comico e realistico, superando le concezioni correnti del suo tempo. Indubbia la difficoltà di rendere il capolavoro avvolto di mistero e bisogna andare oltre il testo scritto (parole e musica), per dare senso alla vicenda. Scriveva Giorgio Strehler, in occasione d'una sua regia alla Scala: «Il nostro compito di interpreti è di creare le condizioni perché tutti i livelli di partecipazione, di intesa, di scoperta, si possano attingere».
Questa nuova messa in scena, con la direzione musicale del maestro Aldo Sisillo e la regia non priva di sorprese di Rosetta Cucchi, segue coerentemente, nel progetto della trilogia Da Ponte-Mozart, Le Nozze di Figaro (2012), e si colloca nell'America reaganiana anni Ottanta. L'apparente giocosità proposta dagli autori, interpretata e aggiornata a tempi più recenti, lascia trasparire la complessità dei conflitti irrisolti. Il finale con la punizione del perfido trascinato «donde escon quei vortici di fuoco pien d'orror», è alleggerito delle diverse prese di distanza dal libertino, la nobile Anna amerà don Ottavio, donna Elvira si ritirerà dal mondo a finir la vita, Zerlina e Masetto allegramente se ne andranno «a cenar in compagnia» e Leporello «a cercar nuovo padron».

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