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Giovedì 12 Febbraio 2015 - Libertà

La fioritura artistica del Ducato

In Fondazione conversazione di Giuseppe Beretti per il Fai

di ANNA ANSELMI
Si è sostato virtualmente a lungo a Milano, all'interno di palazzi pubblici e privati, nella conversazione tenuta da Giuseppe Beretti, incorniciata dall'inquadramento di carattere storico fornito da Luca Melegati, che nell'ambito di un ciclo sul neoclassicismo organizzato dalla delegazione piacentina del Fai (Fondo ambiente italiano) ha presentato in particolare la figura di Giocondo Albertolli, al quale si deve il volto assunto dal capoluogo lombardo tra la fine del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento.
Ma nell'incontro, all'auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, si è parlato anche del ducato di Parma e Piacenza, nonché di Firenze, tappe importanti per la formazione e l'avvio della carriera dell'architetto e decoratore di origine ticinese.
In apertura, il capo delegazione Fai, Alberto Valentini, ha ricordato alcuni dei precedenti appuntamenti focalizzati sull'opera di Antonio Canova, che avevano portato gli appassionati piacentini a Milano, in visita alle Gallerie d'Italia in piazza della Scala, e a Possagno, il paese natale del grande scultore. In marzo, il percorso si arricchirà con una visita speciale alla Galleria d'arte moderna Ricci Oddi che custodisce preziosi album di incisioni canoviane.
Melegati ha richiamato il clima del Ducato di Parma e Piacenza all'epoca dei Borbone, in particolare durante il periodo dei duchi Filippo e del suo successore Ferdinando. Proprio sotto Filippo e la moglie Luisa Elisabetta, figlia di Luigi XV, re di Francia, si crearono le condizioni per un'eccezionale fioritura artistica: «Il ducato divenne centro di diffusione stilistica, con una dicotomia» ha affermato Melegati, evidenziando da una parte come la principessa d'Oltralpe favorì il diffondersi del gusto rococò, inviando a Parma «vagonate di oggetti» da Parigi, dall'altra si assistette al sorgere del gusto neogreco.
Beretti ha sottolineato come la "petite capitale" non abbia rivali in Italia per qualità e quantità di capolavori delle arti decorative francesi. Mobili, argenterie, suppellettili che non sono comunque più in loco. «Dopo l'unità, le residenze più prestigiose lungo la penisola, da Parma a Monza, alla stessa Torino, furono saccheggiate dai Savoia per arredare il Quirinale». Gli studi di Alvar González-Palacios hanno ricostruito a ritroso il viaggio compiuto da pezzi di straordinario valore. Tanto splendore ebbe comunque anche un risvolto non del tutto positivo per il ducato: «Venne inibita la produzione locale, poiché per gli artigiani del posto era impossibile reggere il raffronto con i mobili francesi, utilizzati quindi pressoché esclusivamente per arredare la corte». La quale trovò al di là delle Alpi anche il suo architetto, Ennemond Alexandre Petitot, «artefice di idee così fuori dal comune da apparire strampalate. Di lui ci sono rimasti più disegni che non opere realizzate» ha osservato Beretti. Intanto, a Parma accorrevano molti giovani desiderosi di apprendere in quella fucina, tra cui il giovane Albertolli. «Decisamente intraprendente, riuscì a mettersi in luce nel cantiere di Palazzo Grillo, dal linguaggio rococò con elementi del primo Luigi XVI».

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