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Sabato 14 Febbraio 2015 - Libertà

«Quando la Grande Guerra influenzò la cultura e l'arte»

piacenza - La Grande Guerra attraverso i racconti per immagini e parole di chi la visse o la combatté è stata la protagonista del nuovo appuntamento della rassegna Lezioni Letture dedicato appunto alle Immagini e letterature della grande guerra. A discuterne, davanti agli studenti di alcune scuole superiori della città radunatisi all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, sono stati il critico letterario Remo Ceserani e il docente dell'Università del Piemonte orientale Michele Dantini: a loro è spettato il compito di discutere rispettivamente di Storie letterarie e immaginario della Grande Guerra e Le avanguardie in campo.
Dantini ha preso subito la parola, tracciando un quadro non solo del panorama artistico dell'epoca, ma anche della società e delle sensibilità in gioco: «In ambito artistico prima del 1916 a regnare è un atteggiamento propagandistico, a cui seguono poi lo scetticismo e la disillusione degli artisti che denunciano gli orrori della guerra, attestandosi su una posizione umanitaria e pacifista» ha spiegato Dantini. Sostanzialmente sono due gli approcci con cui l'arte si avvicina alla prima guerra mondiale: «Talvolta c'è un'istigazione al conflitto visto come una sorta di riscatto» ha continuato a spiegare il docente, «oppure esso viene rappresentato come uno spettacolo inedito volto a estetizzare il mostruoso. Oltre a questi due approcci, c'è anche quello di chi, come Picasso, usa l'immagine del conflitto come una metafora di quello che sta facendo: i suoi quadri diventano quindi delle rappresentazioni di micro guerre e lui si rivela un vero e proprio pioniere di uno scaltro uso della pubblicità».
Da parte sua invece Ceserani è partito dall'analisi di un saggio di Benjamin, Il narratore. Considerazioni sull'opera di Nikolaj Leskov, per introdurre poi il concetto di latenza necessario ai protagonisti della Grande Guerra per recuperare un ricordo che fosse narrabile. Diversi sono stati gli esempi portati sotto i riflettori dal critico: «C'è Leo Spitzer ad esempio, uno studioso di linguistica che viene mandato a lavorare alla censura e pubblica nel 1920 le Lettere di prigionieri di guerra italiani: 1915-1918, facendo uno studio filologico sulle metafore» ha spiegato, «ci sono poi i poeti dato che la poesia ha un rapporto fortissimo con l'esperienza: Ungaretti ad esempio utilizza delle immagini tipiche della poesia simbolista, ma anche espressionista per raccontare la vita al fronte fatta di ferite e di urla. Gli storici infine fanno un discorso ulteriormente diverso nel diventare narratori: un esempio è Emilio Franzina, uno storico dell'emigrazione che dopo avere trovato le lettere di un volontario brasiliano sul fronte italiano vi costruisce La storia (quasi vera) del milite ignoto».

Be. Parab.

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