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Giovedì 5 Febbraio 2015 - Libertà

Conferenza su Albertolli oggi in Fondazione a cura del Fai con gli esperti Melegati e Beretti

di ANNA ANSELMI
Il soffitto della Sala delle cariatidi di Palazzo reale a Milano (distrutto dai bombardamenti durante la Seconda Guerra mondiale), ma anche la decorazione della Villa reale di Monza e delle sale di alcuni dei più insigni palazzi del capoluogo lombardo: Belgioioso, Busca-Arconati, Melzi, Greppi, nonché della casa Casnedi in via S. Tommaso, sempre a Milano, e della villa Melzi di Bellagio. Ha legato la sua fama a questi e altri interventi l'architetto Giocondo Albertolli (1742-1839), ticinese di nascita, ma la cui formazione si tenne principalmente a Parma, mentre l'attività professionale lo vide mettersi in luce anche a Firenze e soprattutto a Milano, dove resta «tra gli artisti maggiori che, alla fine del Settecento e nei primi decenni dell'Ottocento, fecero della città - ha scritto Paolo Mezzanotte - la cittadella dell'arte neoclassica». A parlarne oggi alle 17.30 alla Fondazione di Piacenza e Vigevano sono stati invitati due specialisti del periodo, come Luca Melegati e Giuseppe Beretti, in un'iniziativa promossa dalla delegazione piacentina del Fai (Fondo ambiente italiano). Fu il padre architetto a mandare il figlio Giocondo a Parma nel 1753, per studiare all'Accademia di belle arti, istituita da Ferdinando di Borbone. Nella "piccola Atene" il futuro progettista e scultore fu influenzato dall'insegnamento dell'abate Giuseppe Peroni (autore della pala dell'altar maggiore della chiesa di San Lazzaro Alberoni a Piacenza) e dal gusto classicheggiante dell'architetto delle fabbriche ducali Ennemond-Alexandre Petitot.

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