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Lunedì 26 Gennaio 2015 - Libertà

Un Beethoven da grandi emozioni

L'orchestra da camera del Maggio diretta da Callegari al Municipale: successo

piacenza - Quando pensiamo al Romanticismo in musica, uno dei primi compositori che viene alla mente è, non a caso, Ludwig Van Beethoven. Ma lo stesso avviene se vogliamo citare uno dei massimi esponenti del cosiddetto Classicismo. E giustamente, perché il Genio di Bonn fu infatti sia l'una che l'altra cosa; ma anche, al tempo stesso, nessuna di esse in maniera esclusiva, perché se da un lato l'erede di Joseph Haydn e Wolgang Amadeus Mozart utilizzò come modelli compositivi le strutture musicali tradizionali dell'epoca in cui era nato e l'eredità dei grandi compositori del passato, dall'altro le fece proprie, trasformandole e soprattutto superandole, per raggiungere un'espressività in grado di suscitare sconfinate emozioni.
Ed è a questo autore, alle sue musiche e alla sua genialità che la Fondazione Teatri di Piacenza ha voluto riservare l'intero concerto che è andato in scena l'altra sera al Municipale, nell'ambito della Stagione concertistica 2014-2015 e che ha visto protagonista l'Orchestra da Camera del Maggio Musicale Fiorentino diretta dal maestro Daniele Callegari.
Altrettanto originale e interessante è stata la selezione delle musiche in programma: l'Ouverture op. 84 Egmont e due grandi Sinfonie, la n. 4 in Si bemolle maggiore op. 60 e la celeberrima Quinta in Do minore op. 67. Una scelta che è riuscita a sintetizzare in una sola sera le caratteristiche principali dell'opera compositiva di Beethoven, ma in particolare gli aspetti sopra accennati: l'uso di una scrittura tradizionale riempita di contenuti espressivi e di quegli elementi (eroismo, maestosità, geniale uso delle timbriche) utilizzati dall'autore per approdare a un risultato che esce dagli schemi.
Il programma proposto nascondeva però un'insidia interpretativa. Se infatti con l'Ouverture Egmont si percorreva il sicuro solco di una lettura tradizionalmente "eroica", non così era per le due Sinfonie. Seppur separate solamente da un anno e mezzo (la prima esecuzione della Quarta è del 1807, quella della Quinta è la fine del 1808), il passaggio tra i due brani è un mutamento epocale, anche se realizzato da un solo uomo: è infatti con la Quinta che Beethoven comincia ad abbandonare definitivamente il Classicismo e anticipa quello che sarà il Romanticismo.
Ed è qui, con la magistrale lettura offerta da Callegari e dai suoi orchestrali che si è realizzato un piccolo capolavoro di interpretazione. Archiviata, per così dire, la "pratica" Egmont con una brillante e maestosa esecuzione, il direttore milanese e l'orchestra fiorentina hanno saputo modulare la lettura delle due Sinfonie con una straordinaria capacità interpretativa, regalando davvero grandi emozioni.
Una Quarta di stampo squisitamente classicheggiante, con spiccata morbidezza sonora e movimenti (il secondo in particolare) che avrebbero potuto addirittura dirsi composti da un Haydn piuttosto che da un Mozart, ha delineato un Beethoven che certo non finisce mai di stupire (si pensi all'inventiva di trasformare senza soluzione di continuità l'Adagio iniziale nell'Allegro vivace, o all'uso delle timbriche orchestrali nelle quali il Genio di Bonn era maestro), ma ancora saldamente ancorato agli schemi e alle sonorità tipiche del periodo Classico.
Ma è stato grazie a uno straordinario cambio di suono che il direttore milanese ha messo in atto nella seconda parte del concerto, dedicata alla Quinta Sinfonia, che il carattere "rivoluzionario" della musica di Beethoven si è completamente palesato al pubblico del Municipale. La Quinta eseguita dagli orchestrali del Maggio è stato qualcosa di irresistibile e di travolgente: sontuose maestosità alternate a grandiosi impeti, momenti di leggiadra poesia, briosità spumeggianti e crescendo irresistibili. Una Quinta "avanti tutta", che si è conclusa tra interminabili applausi del pubblico e innumerevoli chiamate alla ribalta di Callegari e dei suoi bravissimi musicisti.

Mauro Bardelli

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