Giovedì 18 Dicembre 2014 - Libertà
La Vukotic tra le ombre della sventura
L'attrice è Premio Pulcheria 2014: toccante melologo su note di Strauss, al piano Scano
piacenza - Il Premio Pulcheria 2014 della rassegna al femminile promossa dal Comune di Piacenza e dall'assessorato alle pari opportunità in collaborazione con Provincia (Ufficio della Consigliera di Parità) e con il sostegno della Fondazione di Piacenza e Vigevano, è stato assegnato, come noto, a Milena Vukotic, una delle protagoniste più amate e apprezzate del cinema e del teatro italiani. Nella sua preziosa bacheca varie candidature ai David di Donatello, un Nastro d'Argento, Ciak d'oro, premio Ubu, premio Eleonora Duse, Premio Flaiano, Terre di Siena e ora anche il Pulcheria 2014 (direzione artistica Paola Pedrazzini, organizzazione di associazione Cavaliere Azzurro).
L'incontro con l'attrice romana è andato in scena all'Auditorium della Fondazione. Nelle parole dell'assessore alle pari opportunità Giulia Piroli, che ha consegnato il riconoscimento, tutta l'ammirazione per Milena Vukotic: «A Pulcheria accogliamo e premiamo una personalità d'eccezione del panorama artistico nazionale, un'interprete sensibile che ha sempre mostrato un talento duttile in grado di muoversi con disinvoltura su vari fronti. Diretta da colossi della regia come Fellini, Buñuel, Monicelli, Ozpetek ha saputo combinare ruoli drammatici e altri più leggeri. Una dimostrazione di come le donne non abbiano paura di mettersi in gioco. Spesso la vita ci impone di cambiare volto e ruolo per superare ostacoli, per farci forza, per trovare il coraggio».
Prima della premiazione la Vukotic, che si è detta particolarmente onorata per questa gratificazione, ha preso la scena con il melologo Enoch Arden su musiche di Richard Strauss di cui si celebra il 150° anniversario della nascita. Davanti ad una platea molto numerosa una narrazione sobria ed ispirata, le vicende brumose e tormentate di un capolavoro romantico, scritto dall'autore vittoriano Alfred Tennyson. Un racconto commovente: pathos, lacrime, inquietudine, le ombre della sventura, un destino ineluttabile. Sturm und drang senza pause. Tra la partitura musicale e questo testo sacro della letteratura d'Oltremanica si crea una compenetrazione incredibile. Sul palco dell'Auditorium la Vukotic era accompagnata dal maestro Guido Scano docente al Conservatorio Nicolini e stimato concertista. Una voce garbata e il poetico ed evocativo commento sonoro hanno condotto lo spettatore nel sud dell'Inghilterra in un minuscolo porto posato davanti ad un villaggio di tetti rossi. Qui abitano tre fanciulli Philip, Annie ed Enoch. Crescendo i sentimenti mutano, dai castelli di sabbia al gioco dell'amore: i due ragazzi s'innamorano di Annie. Philip non è ricambiato. La giovane rivolge le sue attenzioni ai grandi occhi scuri di Enoch Arden divenuto, nel frattempo, marinaio. Le labbra si avvicinano, turbamento e pudore, la passione, il matrimonio. Un giorno Enoch decide di imbarcarsi verso mari lontani. Annie non è d'accordo, cerca di dissuaderlo, coglie funesti presagi ma non può nulla. Il battello del consorte si perde all'orizzonte. La donna deve badare alla casa e crescere tre figli di cui uno malaticcio. Vive la miseria, gli anni passano e di Enoch nessuna notizia. Philip, da sempre innamorato, rientra in gioco. Annie è molto affezionata all'amico ma si chiede: «Si può amare due volte? ». La donna, infine, si arrende all'idea che il suo adorato nocchiero non tornerà mai più e decide di cedere alle lusinghe di Philip. Si apre una nuova stagione. Ma Enoch non è morto, dopo lunghe disavventure torna a casa e trova la sua amata sposata con il migliore amico. Enoch Arden li spia in silenzio ma sceglierà di non distruggere la loro pace e non si svelerà. In un crescendo drammatico l'uomo, in punto di morte, rivela la sua identità solo a Miriam Lane, la proprietaria dell'ostello dove ha trascorso i suoi ultimi giorni.
La tensione si stempera e arriva un'ovazione. Applausi convinti su questo suggestivo "melodramma da camera" impreziosito da una costruzione quasi cinematografica e dal suadente dialogo tra Vukotic e Scano.
Matteo Prati