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Lunedì 15 Dicembre 2014 - Libertà

«I miei cinquant'anni da attrice»

Piera Degli Esposti stasera in Fondazione con il regista Peter Marcias

di MAURO MOLINAROLI
«Penso che Marcias sia dotato di una straordinaria leggerezza. Nel film che mi ha dedicato è riuscito a creare magia e poesia. Sono rimasta incantata davanti allo schermo, sono queste le sensazioni che ho provato quando ho visto Tutte le storie di Piera per la prima volta».
Chi si esprime in questi termini è Piera degli Esposti che stasera sarà ospite all'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant'Eufemia 12, per commentare il documentario Tutte le storie di Piera che sarà proiettato alle 21.15, frammenti e immagini di una vita (la sua) eccezionale e straordinaria. Dal film di Peter Marcias emerge la lunga avventura di Piera degli Esposti che prende il via dalla formazione teatrale fino al passaggio al cinema, attraverso le testimonianze di Dacia Maraini, che scrisse il libro Storia di Piera alla fine degli anni Settanta e che racconta la sua adolescenza ed il rapporto con la madre. Il libro successivamente fu portato sullo schermo da Marco Ferreri, col quale ebbe una storia d'amore importante, proseguendo poi con i registi con cui Piera degli Esposti ha lavorato nella sua carriera cinematografica: Lina Wertmuller, Paolo e Vittorio Taviani, Nanni Moretti, Marco Bellocchio, Giuseppe Tornatore e Paolo Sorrentino.
Che impressione ha avuto di questo docufilm? Si è ritrovata nel ritratto di Marcias?
«Tutte le storie di Piera è un film a tutti gli effetti, montato con i materiali di archivi, filmati casalinghi, registrazioni di spettacoli, e registrazioni audio di interviste, cinquant'anni della mia vita di attrice. Marcias è un ragazzo di cui mi sono fidata, gli ho dato foto, piccoli spezzoni video, gli ho messo a disposizione il mio personalissimo archivio. Io faccio parte orgogliosamente della generazione degli anni Settanta che erano pieni di persone speciali, forti. Penso a Perla Peregallo e Leo de Berardinis, a Carmelo Bene. Molti di questi personaggi li ho conosciuti al "101", una specie di garage, una cantina dove si faceva teatro e dove sono stata scoperta da Antonio Calenda».
Figlia degli anni Settanta: cosa c'era di speciale in quel periodo?
«C'era fermento e movimento intellettuale. Sylvano Bussotti, Luigi Nono venivano insieme agli attori ai nostri spettacoli e così artisti come Toti Scialoja, De Chirico che mi ricordo una volta venne al "101" accompagnato da Corrado Augias. Venivano in questi posti scomodi, seduti sulle panche. Gigi Proietti ed io facevamo di tutto allora. Lui suonava nelle trattorie ed io portavo i tamburini, le pubblicità dello spettacolo per far venire la gente. C'erano diversi locali, come il "Beat 72" situato in un edificio scalcinato, frequentato però da scultori, pittori, musicisti. Belle storie».
Ha parlato dei suoi amici intellettuali. Chi ricorda in modo particolare?
«Tutti mi hanno dato qualcosa. Pier Paolo Pasolini che mi volle in Medea al fianco di Maria Callas, diceva che il bello del mio volto stava nel fatto che non avevo un volto da attrice. Moravia, in modo secco e impietoso, era solito dirmi che la mia faccia raccontava una storia. Non voglio sembrare nostalgica, ma quegli intellettuali oggi non esistono più. Marco Bellocchio è un'eccezione e mi riporta a quella Roma così ricca di fermento e di vitalità».
Con Marco Bellocchio ha avuto modo di lavorare ne L'ora di religione.
«In lui e nella sua bravura c'è il grande cinema che si rimpiange, Marco è già nel mondo dei maestri. Io ho conosciuto e frequentato Moravia, Pasolini, Elsa Morante, Natalia Ginzburg, Parise, la stessa Dacia Maraini. Gente incredibile, intellettuali di valore assoluto e Bellocchio è nella loro scia. E' espressione di una cultura che non è mai secchiona. Aveva 26 anni ed è entrato subito nel cinema dei grandi, dei maestri e la sua cinematografia percorre itinerari veri e difficili da codificare».
Nel film di Marcias lei rivela per la prima volta la storia d'amore con Marco Ferreri.
«Non ho mai voluto dirlo, anche per rispetto a Ferreri e a sua moglie, ma si è trattato di un amore vissuto con discrezione. Nessuno lo sapeva. Durante il film lui fu particolarmente dolce nell'amare mia madre e lo si vede dal modo in cui la rappresentò. Marco esercitava su di me una forte attrazione perché era sarcastico, profetico ed erotico. Ferreri era un mare in cui mi piaceva annegare».

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