Lunedì 8 Dicembre 2014 - Libertà
Indossando un cappotto e la disperazione
Domani e mercoledì per la Prosa in scena Franceschi con il suo testo da Gogol'
di PAOLO SCHIAVI
Liberamente ispirato al celeberrimo racconto di Gogol', tra i più grandi scrittori dell'Ottocento e tra i maggiori autori russi in assoluto, Il cappotto va in scena domani e mercoledì alle ore 21 al Teatro Municipale nella versione teatrale di Vittorio Franceschi, autore ed entusiasmante attore di lungo corso, anche protagonista dello spettacolo sotto la direzione di Alessandro D'Alatri, prolifico e apprezzato regista da sempre diviso tra cinema, teatro e pubblicità.
Il pubblico potrà incontrare Franceschi e la compagnia mercoledì alle 18 al Teatro Filodrammatici all'appuntamento con Ditelo all'attore, il ciclo di approfondimento curato dal critico e giornalista Enrico Marcotti.
Lo spettacolo, prodotto da Emilia Romagna Teatro Fondazione, è nell'ambito della stagione di prosa Tre per Te di Teatro Gioco Vita e marca il ritorno di un felice sodalizio artistico e umano, quello tra Franceschi e D'alatri, che avevano già collaborato al pluripremiato Il sorriso di Daphne, visto al Municipale nel 2007.
Il racconto, ambientato nella Russia zarista, tra realismo e ironia, narra la vicenda umana del piccolo funzionario Akàkij Akàkievic Bašmàckin che vive serenamente della propria anonima attività di copista sino al momento in cui, costretto dalle convenzioni sociali e dall'arbitrio degli arroganti più che dal freddo dell'inverno, deve comprarsi un nuovo cappotto per sostituire il vecchio, troppo liso per essere presentabile. L'arrivo del nuovo indumento, acquistato dal sarto Petròvic risparmiando fino all'ultimo centesimo, è un evento importante che sembra finalmente fargli guadagnare il rispetto di colleghi e superiori, finché non gli viene rubato, provcando l'agonia del protagonista in una vana ricerca di giustizia.
Sarà un cast folto - con Umberto Bortolani, Marina Pitta, Federica Fabiani, Andrea Lupo, Giuliano Brunazzi, Matteo Alì, Alessio Genchi e Stefania Medri - ad affiancare Franceschi, che, rispettando in larga parte la trama e firmando totalmente i dialoghi, assai scarsi nel testo originale, ci consegna la storia di un innocente, di un uomo semplice colpito da uno speciale accanimento del destino.
«È la storia, credo - scrive l'autore e protagonista - della maggioranza degli esseri umani, dei "copisti della vita" i quali mandano avanti il mondo pur subendone le violenze e gli insulti, e ripetendone all'infinito le parole e gli usi, i sentimenti e i desideri, i sogni e i naufragi. Quindi si parla di noi, anche se Gogol' questo racconto l'ha scritto nel lontano 1842, perché la marmaglia rapace dei presuntuosi, dei vili, delle mezze calzette, dei barattieri e dei prepotenti cammina e traffica al nostro fianco come accadeva ai tempi dello Zar».
«Ho affrontato la regia - annota invece D'Alatri - cercando di dilatare i confini del reale, proprietà esclusiva del teatro, restituendo una continuità al racconto come se non dovesse esistere mai una interruzione. Se fosse un film sarebbe un unico piano sequenza che seguendo il candore di un umile personaggio ci accompagna tra le pieghe dei vizi e della corruzione della condizione umana».