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Domenica 19 Ottobre 2014 - Libertà

«Mangiare fa crescere corpo e spirito»

Una tavola rotonda in Fondazione ha concluso la rassegna "Piacenza Teologia"

piacenza - «Mangiare è un atto che fa crescere sia il corpo che lo spirito». È da questo assunto ebraico che ieri mattina è partita la tavola rotonda che ha sancito la conclusione di Piacenza Teologia, la rassegna promossa dall'omonima associazione con il contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano con l'obiettivo di riflettere su una serie di temi che hanno a che fare da sempre con l'umanità. All'Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano si è svolto infatti un convegno che ancora una volta si è focalizzato sul tema dell'edizione 2014 della kermesse, Il pane spezzato e condiviso: ad alternarsi nel dibattito in questa occasione sono stati il filosofo dell'università di Macerata Roberto Mancini sul tema Per un'economia della cura, il docente di teologia sistematica della Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale Sergio Ubbiali su Eppure Dio li nutre: non v'è timore di vivere e la docente di giudaismo della Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale Elena Bartolini su Dio ci chiederà conto dei beni che non abbiamo goduto. Una riflessione sull'ebraismo. A coordinare l'incontro è stato invece Giovanni Salmeri dell'università Tor Vergata di Roma.
Il dibattito si è focalizzato ancora una volta sul pane e in senso lato sulla funzione del cibarsi intesa come nutrimento per il corpo ma anche per l'anima: «Non è un caso che l'ebreo, prima di assumere qualsiasi cibo, debba mediare questo atto con una benedizione» ha spiegato Bartolini, «proprio perché mangiare è un nutrimento per corpo e spirito e quindi va fatto in maniera conviviale e gioiosa. Addirittura c'è una festa ebraica, quella di Purim, nella quale un precetto è quello di potersi ubriacare: rappresenta una sorta di corrispettivo del semel in anno licet insanire che porta a un maggiore equilibrio della vita spirituale». Sempre in quest'ottica dunque non desta meraviglia che nel mondo ebraico la rinuncia sia un atto ingiustificato nel cammino dell'ascesi: «Non è necessario mortificarsi, ma anzi pericoloso dato che l'idea di fondo è che la spiritualità non la si costruisca con le proprie mani» ha spiegato ancora Bartolini, «quello infatti è riferibile all'orgoglio: il credente deve essere contento di quanto gli viene dato, non può privarsi di qualcosa che non ha chiesto».
Certo non può privarsi del cibo, inteso come simbolo di condivisione e collaborazione: Ubbiali si è spinto ancora più in là e ha parlato del nutrirsi come «atto per darsi tempo e dare spazio alle azioni»: «La vita è in continuo movimento e dunque occorre trovare anche delle parole che lo siano» ha spiegato il teologo, «una è libertà intesa come cura di sé e quindi anche dell'altro: il problema è che spesso il mondo non ha lo spazio necessario per elaborare questi principi pur riconoscendoli come tali e allora nascono degli equivoci. La libertà ad esempio viene intesa come privatizzazione del progetto di vita senza un principio collaborativo, ma è chiaro che la condivisione è tutt'altro: spezzare il pane insieme appunto vuol dire un'altra cosa ed è la libertà».
E del resto la condivisione intesa come relazione rappresenta anche uno dei principi costitutivi della dignità umana secondo Mancini: «Gli altri sono l'unicità, l'apertura al bene, al senso, al Dio, all'infinito, l'integrità e la responsabilità» ha spiegato il docente, «recuperare questi principi dà sostanza a un'alternativa culturale all'economia: oggi ripensare un'organizzazione economica significa guardare non alla finanzializzazione e al ciclo di produzione e consumo, ma al paradigma della cura. In pratica vuol dire pensare a un'antropologia interculturale fedele alla dimensione costitutiva della dignità umana».

Betty Paraboschi

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