Martedì 14 Ottobre 2014 - Libertà
Classicismo dal cuore rivoluzionario
Giovedì il Quartetto di Venezia al "Nicolini" per la Società dei Concerti
piacenza - Il Quartetto di Venezia sarà il prossimo protagonista della Stagione musicale curata dalla Società dei Concerti di Piacenza, sostenuta da vari sposor tra i quali Fondazione di Piacenza e Vigevano, Libertà e Fondazione Libertà, con il patrocinio del Comune.
Il quartetto è composto dai violinisti Andrea Vio e Alberto Battiston, dal violista Giancarlo di Vacri e dal violoncellista Angelo Zanin e si esibirà giovedì prossimo alle 20.30 nel salone del conservatorio "Nicolini".
L'appuntamento, ancora una volta all'insegna di grandi interpreti e grande musica, consiste in un programma classico, ma dal cuore rivoluzionario. Si partirà da Adagio e Fuga in do minore K 546 di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791) per approdare al Quartetto n. 8 in do minore, op. 110 di Dmitrij Dmitrievic Sostakovic (1906-1975). Infine, un tuffo nel pre-romanticismo del Quartetto n. 16 in Fa maggiore, op. 135 di Ludwig van Beethoven (1770-1827).
Struggente ed ineffabile, l'Adagio e Fuga in do minore mozartiana è una composizione la cui ricchezza musicale non riesce a celare l'universo tragico che traspare da ogni nota.
Per quanto riguarda il Quartetto n. 8 in do minore, op. 110 di Sostakovic - come rimarca il direttore artistico della rassegna, Luciano De Dominicis - viene spesso definito l'autobiografia in musica dello stesso compositore. Composto in soli tre giorni, nel luglio del 1960, durante un soggiorno a Dresda, riflette appieno lo shock provato da Sostakovic alla vista delle rovine della città; un impatto così potente che lo spingerà a sottotitolare il lavoro "In memoria delle vittime del fascismo". All'interno di questa fremente Pagina è presente un elevato numero di autocitazioni, che ne rivela il carattere fortemente personale. Oltre a un utilizzo compositivo particolarmente tipico di Sostakovic, basti notare che le cinque sezioni di cui si compone l'opera stessa sembrano rappresentare le fasi della vita dell'autore.
Il Quartetto in Fa maggiore, op. 135 spicca come un'opera tra le più inquietanti e problematiche concepite da Beethoven, basata su quella suprema sintesi del linguaggio rarefatto ed essenziale che ne caratterizza l'ultima produzione (il cosiddetto "terzo stile"). Non a caso, non piacque particolarmente ai suoi contemporanei.
Eppure oggi, proprio per questa sua caratteristica di rimanere un brano poco "inquadrabile", anche all'interno della produzione beethoveniana più "estrema", poterlo riascoltare in un concerto dal vivo appare una delle esperienze più sublimi e accattivanti possibili. Specialmente se a interpretarlo è un ensemble di acclarata eccellenza, proprio come il Quartetto di Venezia.
Eleonora Bagarotti