Sabato 17 Gennaio 2004 - Libertà
Da Verdi al Verismo, Porta e Redoglia tra perle immortali
Folto pubblico e applausi in Fondazione per la conferenza-concerto a cura degli Amici della Lirica
Secondo Giancarlo Landini, esperto d'opera lirica e di "storia delle voci" la cui autorevolezza ha oggi pochissimi termini di paragone, il debutto di Aida (al Cairo nel 1871, alla Scala nel 1872) "segna contemporaneamente il punto più alto e quello più basso nella considerazione pubblica che Giuseppe Verdi ricevette in vita". Da una parte, la commissione dell'opera per un'occasione ufficialissima - l'apertura del Canale di Suez - e il compenso esorbitante ottenuto da Verdi furono eloquenti consacrazioni del suo prestigio.
Dall'altra, l'opera - stretta fra le novità di un Wagner che proprio allora vedeva il Lohengrin debuttare in Italia e la nostalgia di molti per la cantabilità spiegata e orecchiabile del Verdi più "popolare" - non suscitò veri entusiasmi. Fu una crisi per Verdi ma anche per l'"industria" nazionale del melodramma, costretta a ripiegare su titoli d'importazione fino al 17 maggio 1890, data del folgorante debutto al Teatro Costanzi di Roma di Cavalleria rusticana, presentata dal giovane livornese Pietro Mascagni al concorso bandito dall'editore Sonzogno proprio per cercare nuovi talenti. Era l'inizio di ciò che, per analogia con la narrativa di Verga, fu chiamato "Verismo" e che, oltre a rivoluzionare lo stile dei cantanti, avrebbe infuso nell'opera italiana un'immediatezza e un "popolarismo" non solo ritrovati, ma addirittura inediti. Tra queste due coordinate si è giocato l'altra sera il dotto e acuto intervento di Landini nella conferenza-concerto L'ultimo Verdi e l'insorgenza del Verismo, seconda puntata del ciclo "L'opera lirica italiana tra Ottocento e Novecento", che ha trovato la migliore delle illustrazioni possibili nella performance dei due cantanti accompagnati al piano dall'ottimo Corrado Casati.
Il giovane tenore argentino Gustavo Porta, già sentito quest'anno al Municipale in Aroldo e in due recite di Aida, ha affrontato più che decorosamente l'"impossibile" scrittura vocale di quest'ultima opera: Celeste Aida è stata ben eseguita, e ancor meglio è andata al duetto col soprano Rossella Redoglia su O terra, addio. Ma è per il repertorio veristico Porta ha mostrato una vera propensione: molto bello il suo Come un bel dì di maggio (da Andrea Chénier di Giordano) specie nella malinconia di quella melodia iniziale che, dice Landini, "non è più aria e non è ancora canzone"; e davvero grande la sua Cavalleria, tanto nell'Addio alla madre che nel "duettone" con una Redoglia pressoché perfetta per aderenza vocale e drammatica alla parte. La Redoglia è stata la trionfatrice di questa serata in Fondazione: se Ritorna vincitor (Aida) è stata una lezione di canto intelligente, il bravissimo soprano milanese ha avvinto (anche "scenicamente") nella Ballata di Nedda (da Pagliacci di Leoncavallo) e in una dolcissima Son pochi fiori (L'amico Fritz). Opere da sempre sospette ai melomani più "aristocratici" ma che hanno successo da oltre un secolo e - suggerisce Landini - piaceranno ancor più in futuro, quando il tempo le spoglierà di ogni oleografia.
a. t.